sabato 30 agosto 2025

CARMEN



Poichè non sopporto le feste come quella delle donne, di S. Valentino, del Papà e della Mamma, di S. Ermete patrono della rete, siccome sono un insopportabile snob, il post sull’8 marzo lo scrivo a modo mio e quando dico io e lo dedico ad una donna lontanissima e immaginaria. Mi sto accingendo a scrivere il post più difficile della mia carriera perchè devo parlare in termini lusinghieri di una persona e di un argomento spinosissimi e devo contemporaneamente separare la mia misura e la mia idea da quelle di Carmela ovvero Carmen Carla Consoli di S. Giuvanni ‘a Punta provincia di Catania, classe 1974, di professione cantantessa. 
L’idea di Carmela è la stessa di tutti media che non siano chiaramente legati in un modo o nell’altro a Berlusconi e cioè che egli rappresenti il punto più alto di una non cultura che da anni sta soffocando l’Italia e la sua politica sociale e umana. L’assioma è il seguente: se non passi dal letto di qualcuno come donna non hai spazi, se invece “la dai” ti si aprono porte altrimenti inimmaginabili. E’ vero? Quasi sempre, ma è solo una parte del discorso, quella più facile, mediatica e vincente: non prevede sconti, aggiustamenti o prospettive diverse. E’ un’idea ROCK perfetta che solo una grande artista come lei poteva portare in musica. Certo se io dovessi fare riferimento alla mia personale esperienza dovrei dire che li fimminazzi di loro ci hanno sempre messo moltissimo; a proposito, Carmela, quando fa la buttanazza o la femme fatale è bravissima. Carmela io non so se leggerai mai queste righe ma sicunnu mia per fare la strafallaria come la fai tu un po’ ci si deve essere portati (e per favore prendila con filosofia, veramente). Insomma l’uomo ne approfitta e la donna pure: oltre un certo limite, sui cui confini potremmo discutere fino alla fine dei tempi, tutto diventa scientificamente organizzato e si crea l’attuale situazione che però esisteva anche ai tempi di Prodi e prima ancora. Voglio dire che è un problema di atteggiamento trasversale, Carmelina bisogna dirlo sennò non posso abbracciarti. La scorciatoia muliebre esiste da sempre e sotto qualsiasi regime, non mi dire di no pì favuri, ma se persino Concita Di Gregorio lo ha usato sul primo numero dell’Unità per far “alzare” le vendite. Facciamo così, diciamo che è un vizio antico degli esseri umani il do ut des. “Sì però Berlusconi ne ha fatto un sistema di rappresentatività politica indecente!” Mi permetto di rispondere al tuo posto e calo la testa, quando è tua è tua. D’altronde mi è capitato certe volte di essere messo da parte perchè non fornito di decolletè adeguato e coscia ben tornita: quindi anch’io come masculu mi ritengo discriminato e danneggiato dall’assioma della gnocca ( a proposito ricordo che Benigni che cercava di toccare la patata della Carrà toccò i vertici dell’auditel, come mai nessuno si scandalizza e glielo rinfaccia? Sono sicuro che i motivi ci sono e qualcuno ne troverà a iosa facendomi fare la figura del minchione. Però Carmen è una donna di assoluto spessore: mai l’ho vista fare leva sulle sue indiscutibili qualità fisiche: Carmelina sì bbedda comu u suli e mai una minigonna, una tetta in evidenza… glissando su un servizio fotografico di Scianna. A Sanremo due anni fa facesti un intervento di gran classe. Lo voglio dire da siciliano ( anzi da catanese) sei spacchiosa, hai arte, genialità, talento e grinta da vendere, quando canti con quella voce che lascia sempre un momento di apnea sgomenta e provvisoria mi fai morire, Narciso con le sue parole di burro lo ascolto ogni 2 giorni con la scusa di testare lo stereo ma in realtà per lasciare correre i pensieri… E quelli camminano, su e giù per via Etnea, passano davanti al cinema Lo Pò, fanno sosta da Savia o Spinella e poi continuano per via Umberto. 
Carmen, non lo so quanto sono disponibile a non guardare chiù i fimmini, ma guardarle e immaginarle alla maniera di Brancati è politically scorrect? Minchia, speriamo di no. Se ascolto e leggo le interviste che hai rilasciato temo di sì ma forse non se ne può fare a meno, la situazione è grave e le buttane aumentano a vista d’occhio lo dici tu stessa: “Cercasi avvenente signorina ben fornita intraprendente. Giovane brillante ma più di ogni altra cosa dolce e consenziente. Cercasi apprendista virtuoso onesto imprenditore garantista offre a donzelle in carriera un’opportunità di ascesa inaudita …” Non vorrei che la provocazione (che rocker saresti sennò) si fermasse lì, che l’impatto si arrestasse ad una sola e asfittica dimensione politica, che le altre parole che hai pronunciato sul senso profondo della fruizione culturale in Italia e sulla bellezza insostituibile di un rapporto non viziato dal bisogno fra uomo e donna passasse in secondo piano. Non vorrei che ci si fermasse solo a Berlusconi e che la canzone diventasse (tu consapevole e concorde) un nuovo manifesto per un paese triste e furente senza alcuna sensualità se non quella che può superare l’esame di tollerabilità a sinistra. Carmen, così non funziona! Carmela nella terra dove sei nata accussì un quatra! Carmela per favore non rovinare tutto, non farti gestire dal circo della rete, della cultura progressiva a senso unico. Insomma fai la siciliana pì favuri, fuori dallo scontato e dagli applausi dei ragazzi di 18 anni; fai conto che sono molto maturo, come hai amato e rispettato tuo padre rispetta la donna che c’è in te educandoci alla misura che le donne vere e serie hanno sempre avuto.

mercoledì 27 agosto 2025

ORTIGIA


Stasera ad Ortigia la sera scende placida e piena di richiami sonori: dai grandi alberi sul lungomare gli uccelli si apprestano a lasciare spazio alla notte che viene. Non lo sentite l'eco lontana della voce di Dionisio... non avvertite il passo lento di Archimede sospeso dentro i meandri della sua mente in ricerca costante? Stasera il mare è un breve sentiero tra questa costa e l'altra immaginata, sognata, pensata. Studiata. E ' vicina la Grecia, comune lo Ionio profondo e ventoso, comuni i visi e i colori: questo è il Mediterraneo signori, la nostra fonte unica in cui si sono rispecchiati i sogni delle generazioni per millenni. Questi siamo noi e i nostri miti terribili e fanciulleschi assieme, la nostra poesia di vivere e pensare di essere eterni nel ricordo degli altri, nella letteratura degli altri. Noi siamo la Grecia vecchio e sordo professore dei soldi mancanti, tu forse no ma noi veniamo da lì. Una vita rincorrendo lo spread, il mercato, la finanza dei numeri astronomici…e incomprensibili. Una vita legata al niente spacciato per assoluto indispensabile. E che dire dei “sacerdoti” che predicano questa nuova religione? Gonfi di arroganza e soldi, una quantità di denaro rubata ai poveracci cui chiedono sacrifici. Sacrifici! Macelleria sociale, nessuna solidarietà, solo parole vuote da qualsiasi angolo, di destra o di sinistra; parole vuote e perfide, merda secca sulla quale si dovrebbero rifondare le nuove nazioni della nuova Europa. Il Web cosa dice? Cosa fa? cosa scrive?

IO SONO LA GRECIA, IL SOGNO. LA CULTURA, LA VITA. VOI SIETE SOLO ZOMBI E SARETE SPAZZATI VIA PRIMA O POI.

sabato 23 agosto 2025

RITROVARSI



C'era il caldo di fine estate, quello di una sera che recita le solite litanie di fine stagione. Ogni volta sono sempre di meno, devi trovarci un senso diverso magari rinforzandole con i ricordi di quelle trascorse. Ma fa male...almeno un po'. 
Conosceva quella casa all'ultimo piano e la grande terrazza col panorama verso il mare e le stelle. Si, la conosceva bene anche se talvolta si era camuffato da viandante distratto. Conosceva le intime fibre di quelle pareti, adesso muovendo i suoi passi in corridoio le voci e i volti ricomparivano tutti ad uno ad uno. Attendeva da venticinque anni il ritrovarsi. Non aveva particolari ritrosie per la socialità, dipendeva dal momento e dal luogo, che fossero un palcoscenico adeguato alla recita che egli proponeva. Ma gli altri lo sapevano? Gente così nè bene nè male ma anche lui in fondo era allo stesso modo. Fuori perchè nell'intimo c'era un abisso profondo e sconosciuto ai più, lui lo aveva difeso sempre a denti stretti. Sul divano in sala da pranzo stava seduta la signora, anziana ma non troppo: la rivedeva come l'ultima volta con quel suo sorriso aperto e il piacere di rivederlo che mostrava ogni volta. Risentiva la sua voce e i discorsi tra loro: parlava con lei ma nel cuore c'era l'altra donna e stimando un improprio eccessivo l'avvicinarsi a quella riempiva con la madre il colloquio di metafore e attenzioni. La signora avrebbe compreso? 
Certamente sì ma ormai era tardi anche per quello: due sole interlocutrici ed una era morta da qualche anno. Attendeva da venticinque anni il ritrovarsi. Poggiato sul muretto della terrazza guardava quella parte di città perdersi nel buio della sera, il confine della costa era segnato dalla lunga fila di fanali lungo il litorale. Il mare oscuro sconfinato dentro la terra indefinita, una metafora perfetta. Poteva usarla ancora, anche lì anche in quel momento mentre qualcuno degli invitati parlava con lui ed egli conversava amabilmente del solito più o del solito meno. Doveva farlo altrimenti le eco di prima lo avrebbero inghiottito. Scivolò in compagnia lungo la parte più larga della grande terrazza e disse molte cose, dimenticandole immediatamente dopo. Si faceva attraversare dai ricordi e non si capacitava come gli altri non se ne rendessero conto, lui si sentiva nudo. Totalmente. 
Attendeva da venticinque anni il ritrovarsi. Il suo personale cerchio vitale girava attorno a lui e a quella casa ma mancava una fotografia; lo aveva notato all'ingresso. Lei giovanissima in costume immersa nell'acqua bassa e trasparente di un mare amico. Tutto il resto era al suo posto ma la foto non era più appesa nel corridoio tra il bagno e la cucina. Sembrava un addio crudele. Naturalmente la chiamata alla realtà del sedersi a tavola arrivò nel momento meno opportuno ma lui si domandò cosa ci fosse di opportuno quella sera. Occhi chiari gli sorrise, un attimo ad attraversare lo spazio, una virgola e una sospensione. La sera era diventata ormai notte e il cibo era buonissimo. Riuscì a trovare posto a tutte le chiacchiere, le risa, i bicchieri e le posate: ogni cosa al suo posto sul tavolo e in questa vita. Lui perennemente estraneo. Scenografia perfetta, attori raffinati, sipari aperti e chiusi: il mare, la pesca, i ricordi...la sua morte era scritta in quel copione? 
Attendeva da venticinque anni il ritrovarsi. Occhi chiari non c'era, il resto sì, il cielo era sereno, la casa benevola, si alzò ed entrò in casa al momento giusto perchè nella sceneggiatura quella era una parte, che non prevista, non sarebbe mai stata pubblicata. Lo sapeva benissimo. Non cercava nulla adesso, gli bastava frusciare tra i libri della madre e i dischi del padre, quanto tempo era passato? Tre o quattro decenni, tre o quattro vite o solo una, la sua, in attesa di una degna conclusione? Attraversando il corridoio la vide con la coda dell'occhio in cucina, proseguì e chiese con naturalezza del bagno.
- Certo, è lì a destra, lo sai - 
gli si avvicinò e con aria complice gli fece cenno di seguirla. Aprì la porta dell'ultima stanza in fondo e gli mostrò la foto appesa sulla parete.- Eccola, guarda- 
Non riuscirono a dire altro. In due metri quadrati seguirono il loro destino perchè non c'era nient'altro da fare e fu lei a tirarlo verso di sè a poggiare le sue labbra sulla sua bocca. Attendevano da venticique anni il loro inizio e stringendosi luno sull'altra non desideravano altro che quel lunghissimo bacio: senza altro che il sogno segreto che avrebbero custodito per sempre. La notte infinita scivolava su di loro, la casa li guardava silenziosa.

mercoledì 20 agosto 2025

DEMONI A ORTIGIA

APRIRSI 
 Quando esci dal portone sei una lama di colore rosso: ti guardo con la consapevolezza della prima volta; vorrei rallentare i tuoi movimenti però mi sei già davanti e io vorrei allontanarti un po’ da me per guardarti meglio a figura intera. Tu mi aliti un ciao a 2 millimetri dalle labbra…ti prendo le braccia e porto il tuo seno a un attimo dal perdersi contro il mio. Andiamo via da qui, lontano dai due gusci vuoti che siamo l’uno senza l’altro.
Perché ridi ? Oggi parleremo in modo assolutamente consono a ciò che siamo. Hai paura ? No, ridi, sei un’onda di piacere puro, non c’è nessun’altra sensazione che possa inficiare il senso di questo giorno.


Luce a picco fra le palme ad anfiteatro, luce ovunque e mare: una danza di azzurri e le tue gambe a dettare il ritmo delle onde. Ti ho mai detto che hai le caviglie più musicali che abbia mai visto ? Ti volti di scatto e mi butti in faccia i tuoi occhi. -Basta, Enzo, guardami bene, sono una vecchia signora – mi prendi la mano – tocca il mio seno, guarda da vicino la mia pelle, sfiorami i capelli. Sono una donna anziana e tu un vecchio e impenitente libertino.
Io non bado alle lacrime che ora puliscono i tuoi occhi, mi avvicino fino a bruciare la mia anima dentro le mille pagliuzze delle tue iridi e ti bacio facendo sbattere i denti contro i tuoi. E abbiamo di nuovo 16 anni e dell’amore non sappiamo nulla e il sesso è l’unica cosa che vogliamo, l’unica che riusciamo a capire. Siamo tornati le rollingstones pericolose dell’altro ieri e mi metto a singhiozzare senza freni, senza tempo, senza pietà…voglio le altre tue labbra e disintegrarmi dentro il tuo utero. Che la notte rovini su questo giorno luminoso e aperto. Ci siamo amati di più lungo questo periplo marino che in mille giorni di coiti sfrenati, ci siamo sfiorati le vite per gridare che non potrà mai più esserci una prossima volta. E anche questa è una menzogna: la volta è una sola, apparecchiamo il desco a questo miracolo, parlami delle tue poesie e delle tue paure, delle nostre canzoni e di quel giorno sotto la pioggia quando ti dissi – I tuoi capelli sono almeno la metà dei motivi per cui ti amo-
Piove sempre ma è bellissimo quando butti indietro la testa e ti lasci baciare il collo senza pudore, tra un po’ uscirà il sole su questa antica città e ci fulminerà qui, davanti alla fonte Aretusa come due amanti pietrificati dallo sguardo di una Medusa invidiosa. Siamo osservati da decine di persone, giro turistico con spettacolo fuori programma: assistere ad una fiction vera… Andiamo via amore mio, andiamo a indossare nuovamente i gusci lasciati al parcheggio sotto casa. Non siamo noi è il mondo che si agita per la nostra assenza, adesso abbiamo riempito il vuoto ma lui ci aspetta negli altri amori, quelli riusciti male, non amati, sciupati. Non siamo noi, troppo leggeri e perfetti per far vela al vento che sale dal mare. Non siamo noi, la nostra ombra si aggira ancora qua mentre andiamo via.
SCRUTARE IL TEMPO 
E’ una tersa mattina di fine estate che si è fatta attendere a lungo, capricciosa e vanesia, come una star ad un ricevimento in suo onore prima di comparire davanti ai suoi ammiratori. Però ora ogni cosa è al suo posto, perfetta. Non attendo te occhi azzurri, attendo il passato. Quel passato che mi appartiene più d’ogni altra cosa perché possiede ancora una carica vitale profonda, un desiderio non sedato. Il sole, tiepido quanto basta, mi scalda il viso: ho voglia di caffè e placida tenerezza. E’ bellissimo muoversi mollemente con gesti risaputi e familiari: una solare intimità dei luoghi che si riflette dentro il mio spirito. Galleggio con naturalezza… per il principio d’Archimede evidentemente possiedo un peso specifico inferiore ai pensieri nei quali sono immerso. Lo stare bene assoluto.
Quanta della mia passione cammina ancora da queste parti?
Ho proiettato me stesso sul selciato del Passeggio Adorno e l’immagine è arrivata sino alle acque del Porto Grande, i miei occhi sono ancora fissati su un mattino di molti anni fa, quando tutto era ancora di là da venire…così una parte di me si è irrimediabilmente persa tra questi vicoli. Giro intorno lo sguardo verso il Plemmirio punteggiato di case per ricordarne una, situata un po’ più in là, sul deserto di pietre aspre del Capo con il faro. La casa c’è ancora, occhi azzurri, ma non ci appartiene più perché, violentata dagli anni, non sente le nostre voci né quelle degli amici di allora. Adesso solo il vento salmastro del mare l’accarezza, col sentimento un po’ esclusivo di chi non ammette altre condivisioni affettive se non quelle del mirto e degli olivastri selvatici. E già lo sappiamo entrambi che non c’è bontà nell’amore, che non c’è pace, oppure siamo noi che non abbiamo trovato altre vie alternative ad un principio assoluto e beffardo che ci insulta ogni giorno. Da questa ringhiera placida e sonnolenta il mare e il vento mi fanno da anfitrioni, pronti a sorreggermi con garbo in una giornata difficile dentro la quale mi son voluto adagiare con voluttà e senza speranze. Ho lasciato l’auto e scendo lentamente verso la marina, c’è solo il rumore dei miei passi e il tenue sciabordio dell’onda breve che la brezza leggera spinge su questo baluardo della Fonte Aretusa.

Tornare qui in assenza di te, nell’amnesia di ogni pensiero precedente a questo…eppure vederti ad ogni passo, sei un tutt’uno con questi palazzi che si specchiano luminosi sull’acqua immobile della rada. Ti somigliano allo stesso modo queste strade con i piccoli portoni segreti, aperti su antichi silenzi e la passeggiata dignitosa con gli alberi curati che guarda l’altra riva un po’ confusa nella caligine estiva.
-Enzo, per favore non baciarmi…
-Non lo farò ma lasciati guardare.
E’ accaduto qui e io non ho alternative: preferisco elidere tutto ciò che è incongruo, stonato e difforme dall’immagine che conservo nella testa. Così, lentamente la fonte rivive, si riappropria dei suoi colori e dei suoi rumori: non più anatre starnazzanti, solo il fruscio dell’acqua dolce che scivola piano nel mare. Nessuna parete, nessuna ringhiera a far da confine. Solo il senso di un tempo immemore, sospeso come il miracolo della vita, dell’acqua, della frescura. Io sono abbastanza sciocco da credere ai miraggi, da perdere la mia identità in questo gioco astruso; sto qui ad aspettarti per un ultimo appuntamento a cui tu non verrai. Io dovevo esserci perché, nonostante tutto, m’illudo che per certe cose non possa esserci una fine. E’ in questo modo che i luoghi e gli oggetti costruiti dall’uomo ti legano il cuore: assorbendo le tue emozioni e le parole pronunciate in loro presenza. Cammini lungo una strada, svolti un angolo, ti siedi su una panchina, guardi l’ingresso di un giardino pubblico…ogni luogo ti ricorda qualcosa o qualcuno, anzi diventa quella cosa o quella persona.
– Mi piace parlare con te. Mi è sempre piaciuto
– E’ lo stesso per me , ma se io ti chiedessi ora , qui, se c’è mai stato un momento in cui mi hai amato ? Sii sincera, per favore- Un breve silenzio,come se ti raccogliessi in te stessa.
-Sì certo, in molte cose ti ho amato. Posso dire di averti amato. Ma io non voglio stare con te, non posso stare con te, rovineremmo tutto.
Dieci anni fa inghiottii il rospo: che fosse tanto indigesto lo capii solo all’atto della deglutizione, ma lo inghiottii lo stesso. Mentre ti allontanavi pensai che era un atto , un momento della nostra vita, che avremmo avuto altre occasioni. Eri assolutamente bella, assolutamente lontana, assolutamente sola; totalmente tua. Il demone era ancora vivo. Allontanandoti lui cresceva a dismisura, si dispiegava in tutta la sua infernale grazia e il tempo trascorso è, banalmente, il mio esercizio di riparazione, una lucida considerazione affinché io capisca di essere stato sempre una strada parallela alla tua, vicina a sufficienza da poterci guardare dentro ma non da camminarci assieme. Oggi il sole è chiaro, un’armonia perfetta che monda il paesaggio da ogni imperfezione e io sono un uomo fortunato, non allegro né soddisfatto, ma cosciente della sua vita questo sì. Non è poco. L’unico rimprovero che mi faccio è che dovrei stare più attento quando dico o penso certe cose: i mai, i per sempre non sono materiale da maneggiare con disinvoltura alla mia età. Si tratta di frutti proibiti. Per me sono stati l’anticamera dell’impotenza, monoliti eretti nelle praterie della mia vita. Per quanto mi sia allontanato, nonostante l’infinità di stagioni trascorse, infine mi ritrovo sempre di fronte ad essi: o sono la verità assoluta o il vicolo cieco in cui mi sono cacciato da ragazzo, e il demone ride.
DARE AL TRAMONTO IL TEMPO CHE GLI SPETTA 
 Non ti bacerò più occhi azzurri, il pericolo è scongiurato; ascolteremo la musica a basso volume come piaceva a te vent’anni fa. Ti racconterò per l’ultima volta sottovoce la storia comune di quelli che, impauriti da certi sentimenti, li precludono al proprio spirito e, a forza di camminare ogni giorno nella polvere delle piccole miserie, dei sorrisi ipocriti e delle carezze interessate, hanno visto sparire dai loro orizzonti la gioia di un’emozione vera.
Fammi dire, non parlo di te, non obbligatoriamente, non solo di te: ho lasciato sparsi in giro per l’Italia e la Sicilia molti brandelli di me: qui come a Palermo o Milano o Trapani, essi hanno fatto il nido e sono prosperati. Adesso mi stanno davanti per un ultimo commiato. La lealtà non esiste. E’un surrogato delle menzogne che ci raccontiamo ogni giorno e te lo dico a capo chino. Poi alzo gli occhi e li fisso nei tuoi. Sei sincera, assolutamente sincera: il fatto è che siamo arrivati in ritardo anche per lasciarci. – E’ vero, sai essere leale e ti odio. Adesso avrò bisogno di un po’ di tempo, devo trovare un equilibrio nuovo – Dovrei dirti questo ed invece ti bacio e nulla si può dire di più perché non è una storia d’amore. E’ una storia e basta.

Di tempo n’è trascorso a sufficienza. Io non sono guarito perché non sono mai stato malato; l’ho capito qualche secondo fa guardando il mare. Sciocchi come me si nasce e ci si rafforza crescendo, è una modulazione diversa dell’anima, un’indole elastica che, piegata ad altri fini, torna naturalmente su se stessa. Non me ne sono accorto: un piccolo drappello di turisti è arrivato da queste parti. La fonte è di nuovo un fenomeno da baraccone, troppe fotocamere, troppi gelati, troppi calzoni corti e sandali di cuoio. Nemmeno qui c’è più spazio per me, la misantropia mi spinge a cercare un altro rifugio. In fondo basta svoltare al primo angolo nella prima stradina per ritrovarsi solo.
– Spesso mi sento sola, sai. Con nessuno mi riesce di parlare come faccio con te, se ti parlo si sciolgono i nodi, quasi tutti- E sorridi mentre le tue parole m’inseguono ovunque: in un modo o nell’altro sei venuta all’appuntamento.
– Quando ero bambina non uccidevo nemmeno le formiche…
– Ormai è tardi per pensare ad un figlio
– Se avessimo messo al mondo una creatura, sarebbe stata femmina. Una bellissima bambina…una bambina…
Sono sbucato da un’altra parte, in vista del Castello Maniace, qui di turisti neanche l’ombra. Poggio le spalle contro un muro e giro lo sguardo intorno lungo tutta la marina piena di sole: non sto male anzi mi ha preso una sottile e dolcissima euforia. Nella memoria si è acceso un altro lungomare, opposto e uguale a questo, un’altra acqua fatta di sale e di mulini a vento. Là c’è un paese bianco sotto il monte che guarda lontano le Egadi: un’illusione d’azzurro. Là vagabonda ancora, stordita, la mia fiducia nella vita e nell’amore. Mi fa una tenerezza infinita, ha i capelli bianchi come i miei ed è ancora molto bella. Sono prigioniero di me stesso, mentre l’accarezzo con gli occhi, lei continua nel suo incedere lento e leggero, io la guardo mentre si allontana sempre più…potrei perderla per sempre o per sempre rimpiangere di non averla fermata, di non averle detto che non mi è costata fatica rincorrerla fino a dimenticarmi di me.
– Aspetta! E’ questo il luogo e il momento, non ce ne saranno mai altri, fermati!
Lei si volta… e non c’è più nulla fra la mia idea e il sogno, nemmeno questi veli che stanno scivolando sui suoi fianchi. Sei tu! Proprio tu! E’ questo dunque ciò che si prova davanti ad un fantasma: non è uno stare bene o male, è una marea di sensazioni e di parole quella che mi travolge. Anni d’idee e di sogni trattenuti a stento stanno qui, sul ciglio di questa baia, in bilico tra la sorpresa e il rammarico di non saper fermare per sempre tutto questo. Immobile non so che fare. E’ la stessa sensazione di trent’anni fa ed io non credevo che potesse raggiungermi ancora, eppure è accaduto. Perché sei venuta? Perché ora? Vuoi stabilire, in modo definitivo, una priorità, un possesso che t’appartiene? Te lo domandai chiaramente, ed era inverno – Ma tu mi ami?- – Non lo so…-
Eri pallida, quasi rassegnata e mi guardasti andar via. Guarda ora, principessa, che magnifico palcoscenico c’è toccato stamattina. Io non ho più alcuna malinconia da raccontarti, nessun bacio da chiederti che tu non mi abbia già dato. Credevo d’esser arrivato fin qui per un commiato finale all’altra metà del mondo, mi ero già scritto il discorso senza considerare la disponibilità dell’uditorio. Ma adesso che siete ferme, intorno a me, e mi osservate attente, donne, bambine, ragazze di un tempo, madri di oggi, fidanzate e amanti, appassionate o disilluse, abbandonate o perse, non mi lascerò sfuggire l’occasione. Ho molte cose da dirvi…non riuscirò a dirvene compiutamente nessuna! Spero che, per intuito, capirete ugualmente, se così non fosse non ditemelo, vi prego, lasciatemi l’illusione che ci siamo compresi. Mi aiuterete ad andare lontano.
Il sole è salito quasi allo zenit e questa terra è trasfigurata dal caldo. Ho le mani pulite finalmente e completamente vuote, come le strade d’Ortigia a quest’ora. Forse oggi che l’armonia ci possiede potreste seguirmi, almeno una volta, sul filo della vita che ci corre incontro. – Non baciarmi- – Ti amo. -Non voglio, non posso, stare con te. – Lasciami in pace! – In qualche modo ti ho amato, sì ti ho amato. – Non lo so. – Buonanotte mio sogno proibito. – Mi piace parlare con te, mi è sempre piaciuto.

Guardate, le parole trascolorano: è rimasto il vostro sorriso, una pausa breve prima dell’ultimo salto. Ora tocca a voi: conquistate almeno una volta la mia solitudine. La luna liquida e le stelle fitte nel nero della notte ansiosa sono storie passate, parole vuote, di plastica, ma il silenzio del cuore nei giorni in cui il riso c’era compagno spietato e beffardo è un racconto molto vicino. Vi prenderò, un giorno, in una prossima vita, in una città diversa, dietro un altro angolo; nella danza che avete lungamente negato sarete travolte anche voi. Non potrò riderne e non vi darò il veleno acuto che ha gonfiato i miei giorni. L’orologio sta girando in fretta, troppo in fretta, non è più il momento di stupide ripicche. Le ombre si stanno allungando, io con esse e finalmente non è più tempo di demoni, né di angeli. Fra poco sarà la fine del giorno e io voglio che la sera mi trovi ancora una volta, come sempre: aggrappato al cielo.

lunedì 18 agosto 2025

LENTIGGINI


Ho scritto per lunghi anni sino allo sfinimento, spinto da una febbre in cui il compiacimento era solo una piccola parte e il bisogno di verità e assoluto la segreta richiesta. Ne sono uscite cose come quelle che leggete: sono la mia verità? Sì lo sono e possono essere tenute in mano liberamente. Non rappresentano dogmi intoccabili, esprimono solo il mio desiderio di restare, il bisogno di non morire all’oblio delle emozioni e dei sentimenti che mi hanno sorretto nella vita. Sono la mia testimonianza, curata, levigata…amata. Io veramente non ho altro e non so scrivere di altro. Non so come ci stia riuscendo ma il tempo, frantumato in mille cocci, si sta assommando qui. Questa casa sull’acqua raccoglie molte delle mie stagioni e il passato rientra a cavallo del presente, il futuro che verrà si nasconde con malizia tra le pieghe di una metafisica provvisoria. Non ho alcun progetto.


Non mi liberai ieri
dello scandalo d’esistere.
Non lo farò nemmeno oggi
preferendo la leggerezza di
pensare
ai giorni in cui pesavo
poco
e il viso avevo di lentiggini
pieno
come di papaveri in estate un
campo di grano.
Quel che fui mi trasfigura
ogni giorno,
quel che sono non riesce nemmeno
ad ingannarmi.


domenica 17 agosto 2025

ADDIO

Attendo con una certa impazienza di inabissarmi assieme all’isola che mi ha custodito finora, è il destino che attende me e le mie imprevedibili apparizioni. 
Ho trascorso tutta una vita ad illudermi di far parte di un gruppo eterogeneo ma coeso; una sorta di popolo dell’aria, della terra e del mare, ognuno con le sue stimmate testimoni di infiniti ed estenuanti ricerche. Non è vero, non lo è in tutti i modi possibili: economico, politico, storico, esistenziale e culturale. L’ordine delle condizioni andrebbe visto in ordine inverso ma anch’esso è in fondo un esempio del divenire della mia vita in questa parte di mondo e di web. Dal denaro dispensatore di ipocrite sicurezze e di intollerabili ignoranze alla politica che è sempre stata un ciarpame di ignobile fattura sotto qualunque regime e presupposto sociale. Dalla storia stanca di prostituirsi in cento modi pur di essere accettata dai suoi lenoni, alla cultura infine che resta una vetta inarrivabile tanto più desiderabile quanto meno cercata con spirito fiero. 
La Sicilia, dove sono nato per volere fermo di mio padre ignaro solo in parte delle sue tremende responsabilità, la mia terra, è un’ipotesi segnata dal marchio di questa certezza antica: un’isola può sparire, non disegnarsi più all’orizzonte comune. Poco importa da quale volontà nasca questa magnifica tragedia, l’entità acquea, marina, già perfettamente definita da Omero, della civiltà mediterranea, si sorregge sui flutti ed è l’essenza stessa dell’instabile; per me e per tutti coloro che sono rimasti abbastanza a lungo su queste sponde vale l’eterna metafora dei naviganti, su di noi incombe il naufragio. E dirò, finalmente fuori dai denti, che è inutile nascondervi e nascondermi il possente impulso oscuro verso l’estinzione: che splendida e sensuale amante! Rincorsa nei giardini di un’adolescenza solare, posseduta a scatti nella giovinezza inquieta, e amata con tutto me stesso, sì con tutta la forza del mio intelletto, in questo scorcio di inutile maturità. 
Dirlo è liberarmi di un peso e dell’angoscia di vivere a metà, di respirare a piccoli sorsi: dalla Sicilia non posso sfuggire, non ci riuscirei. E’ un’impossibilità totale cui fa da contrappunto perfetto la volontà di provarci. Vivo così, è questa l’essenza magica di quest’isola, la sua essenza esoterica primordiale. Probabilmente non vi avrei voluto nascere e mi comporto come se non volessi vivere tout court: ho distrutto decine di esistenze anteriori a questa e mi sono riproposto in altri modi; tutte forme diverse per dire la stessa cosa, non mi sopporto. Tuttavia ho amato, vi ho amato, siete tutti stati, più o meno consapevolmente, interlocutori di un disegno più vasto. Coltivavo l’idea di una comunità scelta, elitaria per necessità, aperta per educazione, solidale per esigenza umana. E non potevo farlo se non da qui, dal mio profondo e meraviglioso sud; la storia, tutte le nostre storie, mi sono passate accanto ed io le ho studiate ogni giorno, anche a vostra insaputa, le ho accudite e sorbite con il fuoco sacro della mia esperienza. Ma non è servito a nulla, non a lenire il dolore né a colmare le distanze, tutte le voci sono diventate via via dissonanti e stridenti. Questa sinfonia si suona altrove e su un altro spartito. La nazione che io conoscevo, anche nei suoi migliori rappresentanti ha dovuto, voluto convenire ad altre scelte e adesso ritmicamente riproduce il refrain del federalismo, dello scollamento e della multietnia. E tutti i blog sono pieni di un cicaleccio continuo, di strane danze che manifestano il desiderio di essere accolti alla nuova corte da nuovi sovrani. 
Ed io non ho più nulla da scrivere se non la mia scostante estraneità a questi pseudoconcetti cresciuti con l’erba della bassa e annaffiati dalle acque di un possibilismo sconsiderato. Non c’è alcuna alternativa miei lontani bloggers, torneremo alle città e alle valli sospettose l’una dell’altra e coltiveremo i dialetti perché non abbiamo saputo possedere la lingua tramandataci dalla nostra storia culturale. A che serve postare, linkare, commentare se alla fine siamo tutti dentro l’identica prospettiva, quella di un reality- realtà costruito di sana pianta? A che serve pensare se il primo deficiente può usufruire della libertà virtuale per lordare l’espressione che hai amato e trasmesso? Dietro la delusione e l’agitarsi di questa sciocca apparenza a me è rimasta una quiete profonda, quella di certe sospensioni notturne adesso che la sera allungandosi regala più tempo per riconsiderarmi. Lo so che probabilmente state valutando queste parole come la quintessenza di un estetismo inutile e barocco ma non m’importa più. Capire, capirsi, mischiarsi, amarsi…dire finalmente. E dire basta senza nessuna specificazione perché una stagione è finita e le prossime saranno di altri ma non più mie. 
Vedete? Non ho cancellato Omologazione Non Richiesta, la ritengo bella e mia, di una possessività che non ha mai escluso, mai insultato ma solo definito confini di dialogo ormai desueti. Essa resterà qui nell’aria ed è l’unico suo valore: raccontare a chi passa e vuole ascoltare che Enzo è stato qui, che era vivo ed era siciliano orgoglioso di esserlo. Adesso l’ultimo atto: una cosa dovuta alla libertà di comunicare, lasciare libero questo spazio nell’etere e vedere passare la vita, le voci, i sussurri, le mani…le bocche, insulti sanguinosi e volgari o lodi suadenti e confortanti: appresso ad esse nessuna risposta definitiva. Non per arroganza bensì per una cosa che si chiama discrezione silenziosa o mortale superiorità. Dalle mie parti funziona.

venerdì 15 agosto 2025

LE MURA DELLE CATTIVE


Se fossi uno storico di livello, uno come Villari, ad esempio, oggi, affacciato da questa balconata, direi che essa e tutto quel che vi sta attorno, sono l’esempio perfetto dell’arretratezza e del distacco dall’altro mondo, dall’altra Italia, quella unita all’Europa. 
Se non avessi letto fin da ragazzo, se i miei non fossero stati quelli che sono ed io non avessi camminato su e giù per le strade di questa penisola vagheggerei facilmente facili scappatoie culturali per lasciare la mano. Se non mi fossi perso dentro certi tramonti e certi profumi e li avessi considerati solo parte di un bel viaggio esotico, oggi guardando il lungomare e la nave che sta per entrare in porto direi a me stesso: peccato tanta bellezza in tanto disordine. 
Ma parlare di Palermo, della mia città, del mio intimo è un’altra cosa, è un impresa non risolvibile in battute di forte impegno critico o di inesauribile affetto sconsiderato. Queste sono le mura delle “cattive” cioè delle prigioniere del proprio stato di vedove e inavvicinabili signore del tempo che fu. Chissà come venne interpretato il nome in questi ultimi 3 secoli dalla gente che non masticava nemmeno l’abc della lingua latina? Importa poco, le Cattive continuarono per lungo tempo ad osservare, golose, la passeggiata sfarzosa di chi poteva uscire allo scoperto senza dar scandalo…salvo poi fare le medesime cose in modo più riservato dentro gli immensi saloni dei palazzi nobiliari. Palazzo Butera fa da sfondo e osserva severo la storia che è transitata da qui. Io provo a fare lo stesso e guardo tenendo poggiate le mani sul granito muschioso che delimita i bastioni. 
La storia prima vociante e adesso silenzio, la storia immota e quella che diede l’impressione di una gran corsa: tutta la storia insieme che preme su questo lungomare e nessuno vuole più ascoltare. Passarono le truppe garibaldine con le camicie piene di parole alte e romantiche, Patria, Unità, Italia…progresso. Prima di loro vicerè e imperatori, Normanni e Saraceni e altre parole, altre divise sotto lo stesso cielo e davanti allo stesso mare. Il Gattopardo incontrò qui la sua ultima signora, quella vagheggiata da sempre, e i suoi simili riempirono di luci e di lussi i saloni di questo palazzo e dei palazzi vicini: carrozze e sete fruscianti, baciamano e valzer a due passi dalla miseria più degradata. 
Ma io sono un uomo del secolo scorso, per qualche strana condizione non ripetibile vivo davanti a quest’epoca che crede di poter essere quella definitiva…è giusto così perchè la speranza rinnovabile è l’unica cosa certa per ogni nuova generazione. Sapeste quanti lo hanno pensato: dignitari piemontesi e ragazze del bel mondo fin de siecle, vescovi cardinali e politici della Dc anni 50. Nessuno di essi “cattivo” ognuno dimentico del giorno in cui, 9 maggio del 43, questa città spari sotto 420 fortezze volanti della USA AIR FORCE. Ah gli americani come sanno risolvere alla radice ogni problema: nessuno sa con certezza quanti furono quel giorno i morti , tredici… quindicimila, le bombe della Pensylvania come viatico alla scomparsa di un mondo inutile e fuori mercato. Qua davanti sono passate le camicie nere di Mussolini e i picciotti di Totò Reina, i compagni di Peppino Impastato e le auto blu di Raffaele Lombardo. La mia città che fra poco sarà di nuovo sotto quel blu cobalto delle sere d’estate che non hanno nulla di umano, Palermo punteggiata da campanili, guglie moresche e ville liberty. La mia città che digerisce tutto e non si può comprare a nessun prezzo,la mia maledetta lezione di storia, di principi e comparse, di gloria e fine di tutto. Palermo di Elvira Sellerio e di Totò Cuffaro, Palermo di Franca Florio e Ernesto Basile, Palermo fuori dall’Europa e dalla Padania, Palermo che ricorda i diciotto anni dalla morte di Giovanni Falcone e l’Italia, lo Stato Italiano che incredibilmente sopravvive ad una strage che nessun paese civile avrebbe sopportato. “Senza vedere la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia. E’ in Sicilia che si trova la chiave di tutto” ( W. GOETHE). 
Un paradosso uno dei tanti, un ‘idea di nazione che passa dagli antipodi di Milano e Torino oppure la fine di quel sogno ( o menzogna) unitario che scavalcò lo stretto per tornare da dove era venuto. Non so perchè ma non mi riesce mai di parlare di Palermo: sono un siciliano del secolo scorso e come tutti i siciliani, sono al tempo stesso dentro e fuori gli eventi, sempre in preda ad astratti furori e amori infiniti, inquilino della Storia, pronto ad esserne sfrattato. U’ sapiti com’è no?

martedì 12 agosto 2025

RICCIOLE

Linosa, è una delle isole Pelagie (5,43 km2, circa 420 ab.) 20 miglia a NE di Lampedusa. Quasi equidistante dalla costa siciliana e da quella africana (79 miglia ca.)

Agosto 1986- Bene, sto bene ma non lo trovo. Ho tirato fuori dal borsone tutto il suo contenuto ma non c’è: e questo è veramente incredibile perché stamattina alle 10 c’era…pronto all’uso. Angela, deve essere stata lei a prenderlo per dispetto, si sarà rotta definitivamente le scatole delle mie “pescate” quotidiane, mattina e pomeriggio, la sera no, ci mancherebbe che abbia un ruolo inferiore a quello di una cernia.
– Eh? Che ne dici? Sai cos’è? Uno scorfano di quasi 800 grammi, guarda che meraviglia. L’ho beccato in un anfratto di roccia a meno di 5 metri, era perfettamente mimetizzato ma non mi ha fregato, sono…
 – Devo cucinarlo? – lo guarda con indifferenza – oppure lo fai essiccare e lo esponi in bacheca?
Mi fa incazzare da morire e lo sa, un po’ però ha ragione: la porto in un posto dove la temperatura media è 37 gradi e la profondità media entro i 50 metri da riva è 10 metri, lei nuota maluccio e non distingue un sarago da una spigola
– Angelina, dai, in fondo t’ho lasciata sola meno di 2 ore; eri lì bella tranquilla a prendere il sole…secondo me non te ne sei manco accorta che mi ero buttato un po’ in acqua.
– Enzo smettila! Ma che cosa hai nella testa? Mi pianti su uno scoglio a carbonizzarmi per ore e poi pensi che io stia qui in adorazione davanti a questi poveri pesci morti, intenta ad ascoltare la storia della loro ex vita! Sei uno stronzo e del tuo scorfano non mi frega niente!
E’ bellissima. Il seno le si muove per il respiro acceso, mi avvicino e lei mi pianta in faccia gli occhi neri e pieni di brace. Che devo dirvi, il profumo della crema solare mista a quella della pelle ha ucciso qualsiasi intenzione di dialogo e ha dato il via ad altre intenzioni; me la porto vicino, sono un pezzo d’acciaio. Lo scorfano è caduto a terra. Anche adesso che ci sto pensando mi sento eccitato: guardo l’ora, le 17, bene, il mare ha una specie di fremito leggero e l’odore della salsedine mi fa sentire vivo. Bene, sto bene ma il mio arbalete da 1 metro e 80 a fiocina singola con elastici in caucciù da 150 mm è sparito. Al suo posto mi è rimasto un ridicolo ministen ad aria compressa da tana (quello dello scorfano, per intenderci). Va bene, poi ne parliamo, adesso calma e piano d’immersione: ho si e no 1 ora e mezzo di tempo perché stasera passeggiata al chiaro di luna e…replica dell’intermezzo delle ore 13, un fuciletto da Pierino e il lupo e i fondali più stupidi di Linosa davanti. Però 40 metri a sinistra dopo la punta c’è un gruppo di grossi massi poggiati sul fondo a circa 15 metri: l’altro ieri mentre sguazzavo con Angela ho dato un’occhiata con la maschera dalla superficie e qualche ombra scura l’ho vista muoversi. Cerniotti di 1 o 2 chili probabilmente o, forse, ombrine; ma qui è un paradiso, una specie d’acquario con libera entrata, mal che vada prima di uscire sparo al primo polipo che vedo.
L’acqua mi abbraccia allegra come sempre ed io galleggio a malapena perché mi sono zavorrato negativo per scendere più in fretta. Mi guardo attorno: la linea dell’orizzonte davanti e l’orlo nero della costa dietro. Respiro a fondo è tutto a posto: mare fammi entrare e concedimi i tuoi favori…testa sott’acqua. Pinneggio piano verso la punta mentre scandisco il tempo col mio respiro attraverso il boccaglio. Un piccolo branco di salpe fugge spaventato al mio passaggio, cambiano colore a seconda della luce che colpisce il loro corpo, prima argentee poi diventano evidenti le righe verdi longitudinali…ma sono già lontane. Provo a scendere qualche metro ed è tutto un fuggi fuggi generale di pesciolini colorati, solo i tordi s’infrattano fra le alghe sperando di non esser visti ma i tordi sono i pesci più stupidi del mondo e hanno una carne scipita e molliccia. Ecco i grossi massi, l’acqua è di cristallo, come se non ci fosse niente fra me e questo mondo incantato: sto bene, in acqua sono sempre stato bene fin da bambino, all’acqua ho raccontato i miei segreti e lei mi ha risposto con trasporto e suadente magia. Un’amante perfetta. Pinneggio piano, non voglio far rumore: non si vede niente, niente di interessante…ma non significa che ci sia il vuoto. A Linosa, figuriamoci. Respiro profondamente, varie volte, mi rimpinzo i polmoni d’aria. Non penso a nulla. Capriola e comincio a scendere. 4 metri, compenso. Non si vede niente, fondali vuoti. 7 metri, ora i 2 massi sono bene in vista. Compenso 12 metri, compenso. Sono più profondi di quanto immaginassi e abitati però. Ben abitati, uno due, tre cerniotti passeggiano placidi accanto alla base del primo masso. Non devo perdere tempo e concentrazione, un paio di spinte e sono a meno 15, la temperatura adesso comincia a farsi sentire nonostante la muta. C’è un cerniotto separato dagli altri, piccolo, non più di 3 chili e completamente scemo perché adesso si è messo a candela e mi guarda curioso mentre filo veloce verso di lui. Fanno così se non hanno mai visto un uomo in acqua, credo che fra un paio di secondi non vedrà mai più niente. 18 metri, tolgo la sicura e muovo lentamente il braccio, non posso sbagliare, non a questa profondità.
Vengono fuori dal nulla, dal blu profondo, inaspettate come il senso dell’universo dentro la luna una sera d’estate. Non le ho sentite: un branco di enormi ricciole, pelagici d’alto mare, un centinaio di siluri d’argento con una riga gialla sulla parte alta del dorso. Sono bellezza e forza allo stato puro, un punto esclamativo ficcato dentro il mio cervello. Io sono lì, una virgola sospesa a mezz’acqua con una stupida appendice in mano, vergognoso come un ladro. Mi girano attorno coi grandi occhi lucenti ma non mi guardano; sento l’acqua che spostano, sono esemplari che superano i 30 chili. Un giro, due giri, un colpo di coda sincrono e…non ci sono più. E’ il diaframma che batte in alto a riportarmi a me stesso: da quanto sono sotto? Meglio non chiederselo è tempo perso e io non posso perderne più: sgancio i pesi dalla cintura e volo verso la superficie come un razzo, in apnea si può e arrivo all’aria in un orgasmo di ossigeno. Mi calmo lentamente e già è quasi sera: Angelina ha ragione non mi accorgo del tempo quando sono laggiù. Stasera le dirò che l’amo e ci sarà una luna che poi scomparirà per lasciare spazio a un oceano di stelle; il profumo del timo e del ginepro si fonderà con la sua pelle di donna e sarà bella e misteriosa come il mare scuro che ci circonda ovunque. Non faremo all’amore perché sarò troppo emozionato ma lei se ne accorgerà da un piccolo tremore mentre la bacio; mi spingerà il viso verso l’alto e mi chiederà… E io glielo dirò che ho incontrato il mare e finalmente lei tutta presa mi dirà: racconta.

sabato 9 agosto 2025

TORNO A CASA - S.LORENZO

Stasera torno a casa, ai luoghi in cui muovermi è automatico e il trascorrere è rimasto un fruscio. Stanotte sulla spiaggia che mi vide bambino attenderò che altri sogni scendano quaggiù a riempirmi il cuore. 
Le stelle scivoleranno giù lasciando nel cielo le scie del loro splendore mescolato alla magia che i desideri portano sempre con se. 
Vorrei fosse diversamente ma sarò solo: porto le stimmate di una condizione esclusiva non più rimediabile ormai. 
Ho già pronta la scatola con la mia lucciola personale, l’aprirò per far da richiamo alle sue sorelle del cielo, che non si scordino di me quaggiù; le attendo da un’estate all’altra, da una stagione all’altra, fingendo sempre che una carezza possa mitigare la disillusione di una vita. 
Sorriderò questa notte quando arriverà la liberazione della tua voce e sarà di nuovo agosto con le cicale ad esaurire la notte e l’andirivieni delle onde a immortalare il tempo.

Saranno più lente
o più veloci le mie stelle
stanotte
quando cadranno?
A quale divinità racconteranno
Il mio stupido enumerare
le date, i ricordi
i tramonti?
Immergerò l’indice nel velluto nero
senza sapere se sia acqua
o vento
senza conoscere nulla
senza chiedere sentieri più brevi.
Sto qui sull’uscio della notte
Per carpire la prima eco
della sua sottana di seta
strusciata sul mio viso.
Tremo di piacere al suo
passaggio ma è un piacere
solitario,
svanirà con me.

mercoledì 6 agosto 2025

Enola gay


Siamo una specie vivente di bassa qualità. 
Non fatevi ingannare dai discorsi celebrativi che i vari tipi di scimmie pronunciano tra loro senza nessun contradditorio: siamo una specie vivente mal fatta. Però abbiamo un grosso cervello, le sue dimensioni non sono eguagliate da nessun’altra specie su questo pianeta: un grosso e stupido cervello, una macchina che funziona bene, crea e immagina con grande potenza e poi improvvisamente si blocca, decade a livelli infimi e autodistruttivi. Forse il Creatore, se esiste, era distratto oppure si è stancato e ha lasciato lì la su invenzione per dedicarsi ad altro ma l’invenzione purtroppo ha vita autonoma, il Creatore l’ha voluta così con il libero arbitrio. Errore tremendo! 
Vorrei dirvi cari blogger che siete/siamo così, che usiamo internet, che leggiamo la stampa e guardiamo la tv con le sue immagini di guerra e distruzione in Ucraina perché una mattina del 6 giugno del 1944 10.300 giovani ragazzi americani e canadesi si fecero massacrare dalle mitragliatrici tedesche sulle spiagge della Normandia. Le truppe dei compagni russi da est e per via terrestre completarono l’opera verso il nido di vipere chiuso in un bunker a Berlino. Non trovate strano che forze così diverse ideologicamente tra loro si unissero verso un nemico comune? Infatti subito dopo aver chiuso la faccenda cominciarono a farsi la guerra tra loro, una guerra “fredda” come un quarto di pollo in gelatina ma molto pesante da digerire. Credetemi siamo una specie vivente venuta male. Adesso magari state pensando di aver di fronte il solito destrorso cretino al servizio di un americanismo radicale: non è affatto vero ma senza l’intervento giapponese a Pearl Harbour nel 41 oggi saremmo il risultato di una Pax tedesca di matrice nazista…e molti di noi non ne avremmo neanche coscienza. Una Europa coperta dall’aquila del Reich e la nostra inutile italietta a scimmiottare Berlino, cosa del resto che ci è sempre piaciuta molto. Ora jeans e rock and roll, nell’altra versione birra e croci uncinate con circa 6 milioni di ebrei sterminati da dimenticare. 
Siamo una specie pericolosa. Da anni ci scandalizziamo per gli orrori bellici, i genocidi, e sperimentazioni chimiche sulle popolazioni inermi…la versione odierna riguarda un certo Putin e il suo proditorio attacco a Kiev. Anche in questo caso siamo scimmie parlanti e riempiamo carta stampata e carta virtuale berciando pro e contro Putin, pro e contro l’invio di armi occidentali agli ucraini (nessuno riflette su quanto guadagnano i fabbricanti occidentali di armi in tale frangente? Se gli chiudiamo i mercati si chiudono anche le fabbriche!). Mentre ci accapigliamo per l’Ucraina con la consueta facilità e ignoranza storica dimentichiamo il passato prossimo e quello remoto o remotissimo (Curdi, palestinesi, valdesi, coreani, cinesi, tibetani…rivoluzione francese, rivoluzione russa, Jugoslavia degli anni 90 e potrei continuare all’infinito). Solo le nostre rispettive ideologie, anche quelle religiose ci mancherebbe, ci permettono di dimenticare e trovare sempre giustificazioni alte e nobili per massacri orrendi. 
Solo le nostre ideologie ci permettono di guardare e non vedere, di applaudirci tra noi, di travisare l’intravisabile, di occludere le nostre coscienze e fare bellissimi e memorabili discorsi conditi da valutazioni profonde e analisi strategiche economiche sociali, di destra, di sinistra di centro moderato con la supervisione del potente di zona, dell’alto prelato di turno, del social di riferimento etc etc. Infine vien fuori che Putin è un pazzo criminale e noi dobbiamo fermarlo. Noi chi? Putin è veramente un bastardo ma Erdogan? Macron, Draghi? La Cina profuma di mandorli in fiore e libertà? Il mondo islamico è la summa di quanto di meglio ha prodotto l’umanità? Moschee e burqa son da preferire ai conventi di clausura cristiani? Siamo una specie vivente senza dignità. 
Voglio ricordare a voi tutti che 78 anni fa alle 8, 15 gli Stati uniti d'America compirono uno dei più complessi esperimenti scientifici sulla razza umana tentati fino ad allora. Leggete ogni tanto qualche libro please. Il gruppo di scienziati e fisici atomici (molti fuggiti anche dall’Europa a causa delle fregole antisemitiche dello zio Adolf) era ben assortito e preparato: c’eravamo anche noi italiani, Fermi era una star e uno dei principali attori. Era stato lui qualche anno prima a Roma col suo gruppo di ragazzi di via Panisperna a intuire e studiare la scissione dell’atomo e la forza distruttiva che da essa si liberava, tra i ragazzi c’era anche un siciliano atipico (siamo così molto spesso) uno che Fermi definì poi genio assoluto. Un tal Maiorana che nel 1938 lasciò studi e sperimentazioni e se ne andò in pensione per sempre, sparì una notte nella traversata tra Palermo e Napoli, sparì e come direbbe Guccini a culo tutto il resto. La sparizione del maggior fisico teorico del mondo non cambiò nulla delle ricerche tese a produrre e costruire una bellissima arma dall’enorme potere distruttivo che certamente avrebbe cambiato il corso della guerra mondiale. Così tra uno swing, il ritorno dei molti soldati Ryan a casa e un conflitto che si esauriva in Europa tra bombardamenti, sbarchi, partigiani e vari piazzali Loreto Il progetto Manhattan proseguì la sua corsa. Perché invece di guardare Rai 1 non vi leggete qualcosa? 

https://it.wikipedia.org/wiki/Partecipanti_al_Progetto_Manhattan 

Le prime prove tecniche sul confetto atomico avvennero nel deserto di Alagomordo nel nuovo Messico il 16 luglio del 1945; fu un bel botto, molto istruttivo ma incompleto. Gli americani erano riusciti a costruirla la bomba ma c’era un altro aspetto molto più interessante e produttivo. Un’atomica era imbattibile su questo non c’era dubbio ma gli studi sugli effetti di una tale esplosione sugli esseri umani? Capite bene che non era cosa da poter studiare in laboratorio, troppo tempo e risultati poco attendibili. L’idea brillante arrivò quasi subito e credetemi non ci fu nessuna remora morale nei dotti scienziati-politici americani, essi fecero l medesima cosa che gli scienziati nazisti facevano nei campi di sterminio verso gli ebrei, lo stesso principio di “studio diretto sugli umani” del dottor Mengele: provare direttamente su un essere umano! Tanto ebrei o giapponesi che importanza poteva avere! Nessuno protestava o bloccava i tedeschi ad Auschwitz, nessuno disse no e bloccò il pilota che premette il pulsante di sgancio quella mattina nel cielo sopra Hiroshima e nessuno lo fece tre giorni dopo il 9 agosto nel cielo sopra Nagasaki. Due magnifici botti, due prototipi di ordigno diversi (uno all’uranio, l’altro al plutonio) circa 200 mila esseri inceneriti in pochi secondi più altre migliaia deceduti nei mesi dopo a causa delle radiazioni. Ora voglio dirvi che gli Stati Uniti dichiararono che si decise per il bombardamento atomico col solo scopo di finire subito la guerra e salvare la vita di migliaia di ragazzi americani….in fondo i giapponesi se l’erano cercata anni prima nel 1941 attaccando a tradimento la flotta americana a Pearl Harbor. Non ci si comporta così dai, l’atomica era una giusta vendetta. Non c’è nessun essere umano che possa sentirsi indenne dal pericolo di affermare e quindi intraprendere azioni orribili e senza altro senso che conquistare potere: non c’è ideologia che tenga ma le ideologie purtroppo hanno radici profonde, ancora profondissime e noi cerchiamo scuse, pulizia morale, estraniamento da genocidi di massa perché è colpa di altri e noi non centriamo, noi siamo liberali, democratici, puliti. Siamo la specie vivente più pericolosa e stronza del pianeta.

sabato 2 agosto 2025

L'ASSASSINO SILENZIOSO


L’amore che si presenta alle spalle
di notte è un assassino silenzioso.
Scivolo tra le sue braccia
per sfuggire al mio destino.
Dibattersi, negare
cambiare il suo disegno con una poesia
bilanciare con i miei frammenti
il suo sorriso finale è l’ultima sciocchezza
di quest’uomo.
Stanotte non finirà così
Per molto tempo ancora
tralascerò quella virgola che fa da confine
tra la vita e i giorni vuoti.
E voltandomi ti bacerò come tu non hai mai provato
Mi ucciderai certo ma non sarà invano
ti accoglierò da solo
stanotte.
Come sempre sono stato
e ti guiderò la mano
e per un lunghissimo attimo
capirai.
Dopo sarà troppo tardi
Troppo facile troppo rapido e lontano

Devo essere sincero “stanotte” piace anche a me: l’ho scritta di getto come se fosse già presente dentro la mia mente e non aspettasse altro che uscire. Era notte alta e dovevo liberare il cuore da un peso decennale e crudele, non serviva altro che scrivere e farlo con dedizione sincera. Dopo, un minuto solo dopo è trascorso un intervallo infinito: esso ha annullato qualunque malinconia, qualunque ridicolo pietismo.Io sono asciutto dentro quelle righe, non c’è nient’altro che la coscienza lucida di sè. Nessun rimpianto, la vita soltanto e l’amore o l’idea di esso, il profumo che chiunque lo abbia provato non dimenticherà perchè è una necessità senza do ut des, senza formalismi, senza età…solo io e quell’idea viva e terribile.